Anche così, meglio il Napoli

Roberto Beccantini6 gennaio 2022

Anche così, meglio il Napoli. Con le stampelle di Zielinski, Rrahmani e Lobotka, i «quarantenati» dalla Asl 2, a mascherare le ferite profonde della rosa; con pochi cambi, senza Spalletti. Uno a uno. Veniva, la Juventus, dalla ricreazione di dicembre. Bei tempi. All’andata, per la cronaca, era stata lei a presentarsi decimata. Il due a uno, sancito dagli errori di Manolas, Szczesny e Kean, crebbe attorno al dominio territoriale degli spallettiani.

Stavolta, più equilibrio, più occasioni bipartisan (anche se non troppe), da McKennie e Mertens a Kean: e comunque più parate del polacco che non di Ospina. Il gioco di Allegri è questo: fiocchi di pressing e poi indietro tutta. Per carità: il contropiede è arma eccellente, specialmente se hai una freccia come Chiesa. A patto di non farne l’unico feticcio. Sono mancate, a Madama, velocità di testa e precisione nei piedi. E qui diventano preponderanti gli alluci.

Dal gol di Mertens (con Szczesny e De Ligt che, sulla linea, avrebbero potuto fare di più, soprattutto il batavo) al pari di Chiesa (complice Lobotka) la partita è filata via aspra, ambigua. Con le manovre del Napoli più strutturate, con i mordi e fuggi della Juventus più provvisori. E’ stato dall’1-1 in poi che Insigne, Lobotka e Demme hanno preso in mano palleggio e ring. Morata non ne aveva più: e non sarà mai, comunque, uno squalo d’area. Pure Chiesa, al rientro, era sgonfio. L’ingresso di Dybala ha prodotto bollicine, non altro. In grande spolvero, qua e là, le coppie centrali di difesa, De Ligt-Rugani e Juan Jesus-Rrahmani. Aveva cominciato benino Locatelli. Aveva cominciato malino Bernardeschi.

Da Spalletti a Domenichini non ho colto «minusvalenze» in panca. Specchio della Juventus sono le lune di McKennie, la cui polvere da sparo, nelle incursioni, dovrebbe fornire un piccolo piano Marshall agli stenti dell’attacco. Che proprio piccoli non sono.

Il Natale gli è «scemplice»

Roberto Beccantini25 dicembre 2021

Gentili Pazienti, buon Natale a tutti voi e a tutti i vostri cari. E’ l’undicesimo che festeggiamo in Clinica. Come sapete, questa è una piccola realtà sanitaria che ha rifiutato la pubblicità dell’assistenzialismo statale. Vive di insulti, di donazioni e dannazioni, di politically «scorrect», ma anche di citazioni e di analisi che spesso innalzano il livello delle terapie.

La Clinica intitolata a Cristiano Poster, mai dimenticarlo. Un nosocomio in cui si alternano specchiati virologi e valorosi esperti. Grazie, a maggior ragione, per aver preferito questo atollo. Molti se ne sono andati, chi per eccesso di moccolo e chi per difetto, ma continuano a seguirci, a effettuare visite e consulti a sorpresa, perché sanno che questo non è un blog, ma un riferimento, una stampella, una camicia (di forza e con forza) che la pandemia insidia ma non vincerà mai.

Per questo, ancora grazie e ancora auguri. Mi sia permesso di mettere in cima alla lista il gentile De Pasquale e il gentile 3, seguaci della prima della classe. E poi tutto lo zoccolo duro e puro, in ordine sparso e gioioso. Con il rischio, come ha scritto Alessandro Bergonzoni in «Aprimi cielo», che, «nel curare qualcuno, si diventi qualcuno da curare». Ma che Primario sarei, se non lo corressi.

Buon Natale.

I terzini

Roberto Beccantini22 dicembre 2021

La scorsa stagione, al giro di boa, la situazione era: Milan 43, Inter 41, Juventus 39, Roma 37, Atalanta 36, Lazio e Napoli 34. Oggi è: Inter 46, Milan 42; Napoli 39; Atalanta 38; Juventus 34; Roma e Fiorentina 32, Lazio 31. Non è stato facile, per i campioni, domare il Toro. Un bel Toro. Ha perso per aver cercato di vincere: in contropiede. Settimo successo di fila, Inzaghi, miglior attacco e seconda difesa: numeri, non parole.

Per Dumfries, terzo gol. Quando Hakimi scelse Parigi, parlammo di grave perdita. Il ruolo di terzino destro è in continua evoluzione. Nel Novecento era Burgnich, era Anquilletti: uomo su uomo. Con Gentile metà stopper metà crossatore. Il fluidificante era a sinistra: Facchetti, Cabrini, Maldini. I terzini moderni tendono spesso al centro, penso a Cançelo nel City di Guardiola; nella Juventus di Allegri, Cuadrado funge da regista occulto, addirittura. Per tacere dei «quinti» (?) dell’Atalanta, Hateboer e Gosens. Soprattutto il secondo, 11 reti nell’ultimo campionato.

Gagliarda, la reazione del Milan. Per un’ora, fino alla traversa di Bajrami, Empoli spumeggiante e degno del pari. Poi, a proposito di terzini, punizione di Florenzi e bisturi di Theo. Un 4-2 orientato dalla doppietta di Kessié, trequartista d’emergenza. Preziose le bombole di Saelemaekers, cruciali gli errori di Vicario e le qualità del Diavolo. Andreazzoli ha scelto il gioco come bussola. Chapeau.

E il Napoli? Veniva dal successo di San Siro. Le assenze, certo. E un po’ di iella. Ma l’avversario non era il Real di Di Stefano. Terza sconfitta consecutiva al Maradona. E con lo Spezia, dopo Gattuso (1-2) ecco Spalletti (0-1). Ha risolto un’autorete di Juan Jesus. E’ mancata la fantasia di Zielinski, zoppo. Ha regalato un tempo, il Napoli. E poi tanta foga. Il catenaccio di Thiago Motta mi ha ricordato una frase di Picasso: «A dodici anni dipingevo come Raffaello, però ci ho messo tutta una vita per imparare a dipingere come un bambino».